Piazza Fontana by Giorgio Boatti

Piazza Fontana by Giorgio Boatti

autore:Giorgio Boatti
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0123-01-15T00:00:00+00:00


Al giudice non far sapere

Sono tracce di carta quelle che portano ad accostare, ben prima che Ventura cominci la sua narrazione davanti al giudice D’ambrosio, l’azione del libraio al mondo sommerso delle spie. Fascicoli, veline, copie di carteggi custoditi, come si è detto in una cassetta di sicurezza della Banca Popolare di Montebelluna1.

Di lí vengono portati alla luce, a pochi giorni dal Natale del 1971, dal giudice istruttore di Treviso che ha deciso l’apertura di quella cassetta di sicurezza contemporaneamente all’emissione di nuovi mandati di cattura2 a carico di Giovanni Ventura e Franco Freda.

Cosí finiscono nelle mani del magistrato «cinquantaquattro fogli dattiloscritti contenenti indirizzi vari, un documento relativo ad organizzazioni extra-parlamentari, ventidue documenti di varia natura e venticinque cartelle dattiloscritte il cui contenuto si riferiva ad argomenti di politica interna ed internazionale nonché all’organizzazione dei servizi segreti statunitensi e di altri paesi»3.

Qualcuno che bazzica nei bazar informativi e si tuffa negli slalom delle operazioni coperte ha evidentemente confezionato tutto quel materiale e si è dato la pena di farlo avere a Ventura.

Ma cosa poteva farsene, il libraio trevigiano, dell’«elenco degli agenti dei servizi segreti americani in Italia dal 1969»?

E che utilizzazione potevano avere nelle sue mani i due rapporti4, apparentemente redatti nel maggio del 1969, che asserivano essere in corso una manovra – da parte della destra politica e finanziaria italiana, con la connivenza dei servizi segreti statunitensi – per affossare il centro sinistra a colpi di attentati terroristici consegnando il paese a un governo forte appoggiato dalle forze armate?

I due documenti risalgono alla primavera del 1969. A farne fede è, tra l’altro, il solito, precisissimo Lorenzon, ancora una volta testimone inappuntabile. Ricorda Lorenzon come Ventura abbia avuto modo di mostrarglieli in epoca antecedente non solo alla strage del 12 dicembre, ma, addirittura, agli attentati ai treni dell’agosto.

Che Ventura – anzi il «signor Alberti» visto che con questo nome si era presentato nell’incontro napoletano – andasse in giro con carte top secret ficcate nella sua borsa lo ha sostenuto del resto, anche l’ex-comandante partigiano Sartori5. Affermazioni affidate a verbalizzazione della sua deposizione, il 26 aprile 1971, diversi mesi prima – dunque – che i documenti emergano dalla cassetta di sicurezza.

Il dirigente marxista-leninista che Ventura, tramite il conte Loredan, aveva contattato offrendogli la direzione di un’azienda tipografica da costituire ad hoc, ben rammenta come Ventura avesse estratto dalla borsa ed esibito documenti segretissimi. Roba che, anche a prima vista, puzza di spionaggio, di operazioni coperte, di inconfessabili collusioni.

Eppure Ventura – cosí loquace su tutto e su tutti – su questo tiene la bocca cucita. Davanti al giudice tace. Scena muta: non solo a Treviso ma, anche, davanti al giudice milanese che, a partire dal marzo del 1972, è competente per territorio della prosecuzione dell’inchiesta sulle cosiddette «piste nere».

Ventura, per due anni, tace.

E al suo silenzio fa eco quello dei responsabili dei servizi segreti.

I vertici del Sid vengono interpellati il 21 dicembre 1972 dal giudice di Milano che sta seguendo l’istruttoria sulla «pista nera». Il magistrato chiede loro una valutazione sul materiale informativo rinvenuto nelle cassette di sicurezza di Montebelluna.



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